Perché uomini deboli generano tempi duri
“Mio nonno cavalcava il cammello, mio padre cavalcava il cammello, e io guido la Mercedes, mio figlio guida la Land Rover, e mio nipote guiderà la Land Rover, ma mio pronipote cavalcherà il cammello..” Sheikh Mohammed
Questo saggio proverbio arabo mette in evidenza una certa ciclicità dei comportamenti della società umana, tentando di spiegare l’alternanza tra prosperità e crisi. La sequenza di quattro fasi, popolare nei discorsi filosofici e nelle riflessioni storiche, si sviluppa così:
- Tempi duri creano uomini forti: le difficoltà e le sfide portano alla formazione di individui resilienti, capaci di adattarsi e di risolvere problemi.
- Uomini forti creano tempi prosperi: questi individui, attraverso il lavoro, la disciplina e il coraggio, costruiscono società floride e stabili.
- Tempi prosperi creano uomini deboli: con l’avvento della prosperità, spesso si verifica un rilassamento delle discipline e dei valori che avevano sostenuto il successo. Le nuove generazioni, avendo vissuto solo in tempi di abbondanza, tendono a perdere il contatto con il sacrificio e la resilienza.
- Uomini deboli creano tempi duri: la perdita di forza, disciplina e valori nelle nuove generazioni porta a una società meno stabile, più vulnerabile alle crisi e incline alla decadenza. Questa sequenza è una riflessione che non riguarda tanto la forza fisica, quanto piuttosto una forza morale, caratteriale e mentale. La “debolezza” in questo contesto fa riferimento a una mancanza di resilienza, determinazione e responsabilità, caratteristiche che si trovano spesso alla base del declino di molte civiltà e comunità.
Se facciamo riferimento al periodo a noi più vicino, cioè quello dal dopoguerra fino ai giorni nostri, vediamo con chiarezza la veridicità di questa citazione. Infatti, dopo la seconda guerra mondiale e tutto ciò che essa ha comportato, si evidenzia la presenza di uomini forti, tenaci, temprati dalle difficoltà e dalle sofferenze vissute durante gli anni del conflitto: uomini che hanno ricostruito il nostro mondo e hanno posto, come basi per la rinascita, valori come onore, rispetto, coerenza, impegno, patriottismo, fratellanza, coraggio, umiltà…Tutto ciò è stato per un po' il cardine su cui si fondava la società del dopoguerra eppure, con il trascorrere del tempo e con le ultime generazioni, questi valori sono stati banalizzati e sono andati quasi del tutto perduti.
Perché?
Proprio grazie al fatto che le vecchie generazioni del dopoguerra ci hanno reso la vita più facile, possiamo vederne i risultati. In particolare, negli ultimi anni, abbiamo assistito a un indebolimento progressivo dell’umanità, sempre meno allenata a superare le difficoltà del vivere. Le ultime generazioni tendono a scegliere sempre la via più facile per risolvere i problemi, invece di trovare la via più giusta, che però potrebbe rivelarsi anche quella più faticosa. E’ naturale che le persone si concentrino sui piaceri della vita, sugli svaghi e sulle comodità. Questo atteggiamento non è di per sé negativo: il benessere permette di esplorare nuovi orizzonti, di investire nell’arte, nella cultura, e nel miglioramento della società. Tuttavia, senza una forte base di valori e di responsabilità, la prosperità può portare al disimpegno e alla superficialità. In passato, molte società hanno affrontato questo stesso ciclo. Un esempio classico è l’Impero Romano: il periodo di massimo splendore romano fu accompagnato da una società che diventava sempre più ricca e, in parte, anche più decadente. La classe dirigente, inizialmente composta da uomini votati alla res publica e al bene comune, iniziò a orientarsi verso il proprio interesse personale, favorendo il declino dell’impero.
La società moderna, con la sua enfasi sul consumo e sull’immediatezza, può creare individui meno inclini alla pazienza, all’impegno e al coraggio. La tecnologia e i comfort offerti dalla società industriale e digitale, per quanto abbiano migliorato la qualità della vita, possono incentivare la disabitudine alla fatica, all’attesa e alla resilienza.
Come insegnano le leggi del Karma, le cose cambiano perché tutto muta sistematicamente, ma secondo ritmi che non tengono conto dell'ego umano, pertanto dobbiamo imparare a considerare ciò che c'è come l'espressione di un grande equilibrio che possiamo accettare o con cui possiamo interagire, rispettandone i moti e le regole, per poter trarre felicità da quel che abbiamo e da ciò che siamo, nel presente.
Piano piano sempre più persone acquisiscono nuove consapevolezze che trasferiranno alle generazioni successive, ponendo le basi di una nuova umanità.
Possiamo evitare il ripetersi di questo ciclo?
Sebbene il ciclo “uomini deboli creano tempi duri” sembri inevitabile, la consapevolezza di questo meccanismo potrebbe essere un primo passo verso la sua interruzione. Educare le nuove generazioni alla resilienza, al sacrificio e al valore del lavoro duro può aiutare a evitare una discesa verso la decadenza. Insegnare alle persone, fin da giovani, a non fuggire dalle difficoltà e a sviluppare un pensiero critico è fondamentale per creare una società capace di affrontare le sfide con forza e determinazione. La cultura moderna, per quanto influenzata dal consumo e dalla rapidità, potrebbe così trovare un equilibrio che permette di conservare i valori di forza interiore anche in tempi di abbondanza. Il ciclo di cui parla il detto “uomini deboli creano tempi duri” non è un destino ineluttabile, ma un avvertimento sul rischio che prosperità e abbondanza portano con sé: l’indebolimento morale e la perdita di resilienza. Il vero compito della società, dunque, è quello di educare e formare individui che sappiano vivere nel benessere senza rinunciare alla propria forza d’animo, affinché possano prevenire la comparsa di nuovi tempi duri e assicurare la continuità di una società prospera, ma anche sana e consapevole.
Brunetta Del Po – Daniela Temponi
Sitografia
https://www.macrolibrarsi.it/speciali/quanto-e-potente-il-tuo-pensiero.php