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Neuroimmagini e psicoterapie

La psicoterapia modifica l'attività cerebrale

Da più di vent’anni ci si è interrogati sulla validità scientifica delle psicoterapie, ma mai come negli ultimi tempi, potendosi avvalere di nuove tecniche di neuro immagini (fMRI, PET, SPECT), i ricercatori hanno potuto esaminare ed evidenziare i correlati funzionali di differenti approcci psicoterapeutici e le conseguenze neurobiologiche: la terapia cognitiva e la terapia psicodinamica hanno effetti sul sistema nervoso centrale e modificano in aree specifiche, il metabolismo e le funzioni cerebrali. Nonostante il numero degli studi sia ancora basso per consentire delle conclusioni esiste un’ evidenza funzionale ed anatomica che spiega i cambiamenti che avvengono in seguito alle psicoterapie in pazienti con PTSD.

Come sostiene il Dott. Leonardo Roberti nell articolo -Neuropsicoterapia-:

-Le reti neurali (o stati della mente) che sono alla base del nostro funzionamento psichico, sono create dall’interazione tra il nostro cervello e l’ambiente sociale. All’interno dei pattern neurali si depositano le memorie implicite ed autobiografiche della nostra vita, costituite da emozioni, risposte fisiologiche, modi di pensare e di agire che nell’arco degli anni si sono sedimentate fino a formare la nostra personalità. La patologia mentale deriva da una mancata integrazione neurale tra questi stati della mente, l’ambiente interno (le diverse aree del cervello) e quello esterno (le esperienze di vita e le relazioni interpersonali). La neuropsicoterapia modifica i network neurali che costringono l’individuo in uno stato di sofferenza e lo fa attraverso l’uso della parola. La parola, come un farmaco, agisce in maniera mirata sugli stati della mente e produce benessere, provocando cambiamenti a lungo termine sulla biochimica del cervello e, addirittura, sulla genetica.-

 La tabella successiva confronta gli effetti sul cervello della psicoterapia e degli psicofarmaci attraverso lo studio di neuroimmagini.

DIAGNOSI e TRATTAMENTO

RISULTATO

DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO

Terapia comportamentale vs. Fluoxetina

Terapia comportamentale vs. controlli

Terapia cognitivo-comportamentale

Terapia cognitivo-comportamentale e Fluoxetina

Entrambi: diminuzione del metabolismo nel nucleo caudato destro.
Terapia comportamentale: attivazione della corteccia pre- frontale orbitomediale sinistra correlata con risposta positiva.

Fluoxetina: cambiamenti nella direzione opposta.

Diminuzione del flusso sanguigno cerebrale nel nucleo caudato destro.

Diminuzione del metabolismo nel nucleo caudato destro.

Aumento della materia grigia bilaterale. Aumento della materia bianca parietale destra.

FOBIA SOCIALE

Terapia cognitivo-comportamentale vs. Citalopram

Entrambi: diminuzione dell’attivazione dell’amigdala, dell’ippocampo e della corteccia adiacente.
Terapia cognitivo-comportamentale: diminuzione dell’attivazione della sostanza grigia periacqueduttale.

Citalopram: diminuzione dell’attivazione talamica.

ARACNOFOBIA

Terapia cognitivo-comportamentale

Diminuzione dell’attivazione nel giro paraippocampale e nella corteccia prefrontale dorsolaterale.
Diminuzione dell’attivazione della corteccia prefrontale nell’emisfero destro.

Diminuzione dell’attivazione nella corteccia insulare e nella corteccia cingolata anteriore .

 

DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS

EMDR cioè desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (case study)

 

Aumento dell’attivazione nella corteccia cingolata anteriore e nel lobo frontale sinistro.

DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO

Terapia cognitivo-comportamentale vs. Antidepressivi

Terapia cognitivo-comportamentale

Terapia cognitivo-comportamentale: RH diminuisce nelle regioni inferiori temporale e frontale.
LH aumenta nella corteccia frontale inferiore, temporale mediale e nell’insula.

Antidepressivi: RH diminuisce nei lobi frontali e temporali
LH aumenta nei lobi frontali e temporali.

Diminuzione dell’attivazione nell’ippocampo destro, nella corteccia cingolata anteriore sinistra, cervelletto sinistro e ponte.
Aumento dell’attivazione nella corteccia prefrontale mediale.

DEPRESSIONE

Terapia cognitivo-comportamentale vs. paroxetina

Terapia cognitivo-comportamentale vs. venlafaxina

Terapia interpersonale vs. venlafaxina

Terapia interpersonale vs. paroxetina

Terapia cognitivo-comportamentale: diminuisce l’attivazione frontale / incrementa l’attivazione limbica.
Paroxetina: cambiamenti nella direzione opposta.

Entrambe: diminuzione dell’attivazione nella corteccia prefrontale orbitale e nella corteccia prefrontale mediale; aumento dell’attivazione nella corteccia occipito temporale destra.

Terapia interpersonale: aumento dell’attivazione nel cingolato posteriore destro e nei gangli della base
Venlafaxina: aumento dell’attivazione nel lobo temporale posteriore destro e nei gangli della base.

Entrambe: diminuzione dell’attivazione nella corteccia prefrontale.
Entrambe: aumento dell’attivazione nel lobo temporale inferiore e nell’insula.

Entrambe: riduzione del sintomo con diminuzione dell’attivazione frontale.

SCHIZOFRENIA

Riabilitazione cognitiva

Aumento dell’attivazione frontale con performance migliorata.
Aumento dell’attivazione nella corteccia frontale inferiore destra e nel lobo occipitale.

(Tratto da Cozolino, 2010).



Questo confronto farmaci/ psicoterapia è puramente didattico. Personalmente condivido quanto asserisce la Dott. Anna Barracco nell’articolo -Neuroimaging e soggettività-:

… un eccessivo trionfalismo e un approccio semplicistico nel far seguire alle immagini – cioè alla visualizzazione degli effetti di un intervento a livello del cervello – un’interpretazione o una serie di interpretazioni, potrebbe facilmente portare a trascurare che quel che conta, in un percorso di cambiamento, sono i processi e non tanto i risultati. Dunque non è ciò che si scrive o non si scrive a livello biochimico, quanto gli effetti soggettivi di apprendimento che si producono.
In questo senso, certamente un apprendimento, un processo ottenuto attraverso un percorso come la psicoterapia, difficilmente potrà essere davvero paragonabile al cambiamento che si ottiene con un farmaco, anche se le aree cerebrali interessate possono senz’altro essere analoghe.

Tutte le ricerche di seguito riportate, di cui ho tradotto gli abstract, hanno investigato il meccanismo di azione delle psicoterapie dimostrando una chiara correlazione tra cambiamenti funzionali ed efficacia del trattamento.

Neural traces of stress: cortisol related sustained enhancement of amygdala-hippocampal functional connectivity
Sharon Vaisvaser1,2,3*, Tamar Lin1,4, Roee Admon5, Ilana Podlipsky1, Yona Greenman2,6,Naftali Stern2,6, Eyal Fruchter7, Ilan Wald4, Daniel S. Pine8, Ricardo Tarrasch3,9, Yair Bar-Haim3,4 and Talma Hendler1,2,3,4*
http://journal.frontiersin.org/Journal/10.3389/fnhum.2013.00313/abstract
Le esperienze stressanti modulano la funzione dei neuro-circuiti e, la traiettoria temporale di queste alterazioni che intercorre dai primi disturbi fino al recupero, influenza fortemente la resilienza e la vulnerabilità allo stress. Questi effetti determinati dallo stress possono dipendere da processi che sono impegnati durante lo stato di riposo, per esempio attraverso il ricordo attivo di esperienze passate e la previsione di eventi futuri, tutti noti per coinvolgere la rete in modalità predefinita (DMN). Inducendo stress sociale e lo stato di riposo abbiamo applicato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) prima dello stress, subito dopo, e 2 ore dopo, ampliando la finestra temporale per l'esame della traiettoria della risposta allo stress. Nel corso degli studi abbiamo ottenuto ripetuti campionamenti di cortisolo e self-report di livelli di stress da 51 soggetti maschi,sani e giovani.
Nelle alterazioni post-stress è stata studiata la connettività funzionale di tutto il cervello nello stato di riposo (RSFC) dei due fulcri della DMN: la corteccia cingolata posteriore (PCC) e l'ippocampo. I risultati indicano un modello di 'recupero' di connettività DMN, in cui tutte le modifiche attribuite allo stato di stress, tornano ai livelli di pre-stress.
L'unica eccezione a questo modello è stato un aumento nella connettività amigdala-ippocampo durante lo stress-indotto, che è stata mantenuta per 2 ore,dopo l'induzione di stress. Inoltre, questo miglioramento continuo della connettività limbica era inversamente correlato alla risposta individuale di cortisolo indotta da stress (Auci) e caratterizzava solo il gruppo privo di aumento del cortisolo (vale a dire, non-responder).
Le nostre osservazioni forniscono la prova di un profilo di risposta post-stress prolungato, caratterizzato sia dall'equilibrio globale della maggior parte delle connessioni funzionali DMN e il tempo distinto e l’aumento del cortisolo dipendente della connettività intra-limbica. Questi nuovi elementi nelle relazioni neuro-endocrine sono un'altra pietra miliare nella continua ricerca di singoli marcatori di psicopatologie legate allo stress.

Changes in cerebral blood flow after cognitive behavior therapy in patients with panic disorder: a SPECT study
Ho-Jun Seo,1 Young Hee Choi,2 Yong-An Chung,3 Wangku Rho,1 Jeong-Ho Chae1
1Department of Psychiatry, College of Medicine, The Catholic University of Korea, Seoul, South Korea; 2Metta Institute of Cognitive Behavior Therapy, Seoul, South Korea; 3Department of Radiology, Nuclear Medicine, College of Medicine, The Catholic University of Korea, Seoul, South Korea
http://www.dovepress.com/changes-in-cerebral-blood-flow-0after-cognitive-behavior-therapy-in-pat-peer-reviewed-article-NDT
Risultati: Quattordici soggetti che hanno completato la CBT (Terapia cognitivo comportamentale) hanno mostrato significativi miglioramenti dei sintomi nelle scale cliniche tra cui la Panic and Agoraphobic Scale e Anxiety Sensitivity Index-Revised.
Dopo la CBT, è stato rilevato un maggiore rCBF (Regional cerebral blood flow,flusso ematico regionale cerebrale) nel giro postcentrale sinistro (BA 43), nel giro precentrale sinistro (BA 4) e nel giro frontale inferiore sinistro (BA BA 9 e 47), mentre una diminuzione del rCBF è stata rilevata nel ponte di sinistra. Le analisi di correlazione dell'associazione tra le variazioni di rCBF e le variazioni delle misurazioni cliniche non hanno mostrato risultati significativi.
Conclusione: Abbiamo trovato cambiamenti nel rCBF associato con il completamento di CBT. Gli attuali risultati possono aiutare a chiarire gli effetti della CBT sui cambiamenti nell'attività cerebrale nel disturbo di panico.

Eur J Psychotraumatol. 2012;3. doi: 10.3402/ejpt.v3i0.16206. Epub 2012 Jun 12.
Neuroendocrine and immune responses to a cognitive stress challenge in veterans with and without PTSD.
de Kloet CS1, Vermetten E, Rademaker AR, Geuze E, Westenberg HG.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22893842
Il PTSD (Disturbo da stress post traumatico) è stato associato ad alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA-asse), del sistema immunitario e del sistema nervoso simpatico (SNS). Lo scopo di questo studio era di valutare l'effetto dello stress cognitivo su questi sistemi nei pazienti con PTSD e su un gruppo di controllo.
Metodi
Il punteggio delle unità soggettive di disagio (SUDS), la risposta delle cellule NK, (cellule Natural Killer o Linfociti NK) i livelli plasmatici di noradrenalina e ACTH (ormone adrenocorticotropo o corticotropina) in risposta allo stress cognitivo sono state valutate in maschi veterani con PTSD (n = 15) e in un gruppo di controllo di veterani con uguali caratteristiche senza psicopatologia (n = 15).
Risultati
La prova ha indotto un aumento di SUDS (unità soggettiva di punteggio di disagio), noradrenalina, ACTH e la risposta delle cellule NK in entrambi i gruppi. Livelli basali di ACTH erano più bassi nei pazienti con PTSD (pazienti con Disturbo da stress post traumatico). Il test è stato vissuto come più stressante da parte dei pazienti PTSD e ha portato ad un aumento di ACTH. Le risposte della noradrenalina e delle cellule NK non hanno mostrato differenze tra i gruppi. La risposta di ACTH era correlata con la gravità dei sintomi nel gruppo di pazienti, e la risposta noradrenalina era correlata con la risposta ACTH e cellule NK nel gruppo di controllo, ma non in quello dei pazienti.

Psychiatry Res. 2011 Jan 30;191(1):36-43. doi: 10.1016/j.pscychresns.2010.08.006. Epub 2010 Nov 10.
Mindfulness practice leads to increases in regional brain gray matter density.
Hölzel BK1, Carmody J, Vangel M, Congleton C, Yerramsetti SM, Gard T, Lazar SW.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21071182
Gli interventi terapeutici che utilizzano il training di meditazione mindfulness sono diventati sempre più popolari, ma fino ad oggi poco si sa sui meccanismi neurali ad essi associati. E'stato segnalato che il Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), uno dei programmi più utilizzati nel training di mindfulness, produce effetti positivi sul benessere psicologico e migliora i sintomi di una serie di disturbi.
Qui, riportiamo uno studio longitudinale controllato che ha indagato sui cambiamenti nella concentrazione di materia grigia cerebrale pre e post partecipazione ad un programma MBSR.
Le immagini anatomiche ottenute con la risonanza magnetica (RM) di 16 partecipanti sani, inesperti in pratiche di meditazione sono state ottenute prima e dopo un programma di 8 settimane.
Le variazioni di concentrazione di materia grigia sono state studiate utilizzando la morfometria voxel-based, e confrontate con un gruppo di controllo di 17 individui. Le analisi nelle regioni interessate hanno confermato un aumento della concentrazione di materia grigia all'interno dell'ippocampo sinistro.
Le analisi dell' intero cervello hanno identificato un aumento nella corteccia cingolata posteriore, nella giunzione temporo-parietale e nel cervelletto nel gruppo MBSR rispetto al gruppo di controllo. I risultati suggeriscono che la partecipazione MBSR è associata a cambiamenti nella concentrazione di materia grigia nelle regioni del cervello coinvolte nei processi di apprendimento e memoria, di regolazione delle emozioni, di trasformazione auto-referenziale e di prospettive.

Front Hum Neurosci. 2013 Aug 16;7:410. doi: 10.3389/fnhum.2013.00410. eCollection 2013.
Changes in brain activity of somatoform disorder patients during emotional empathy after multimodal psychodynamic psychotherapy.
de Greck M1, Bölter AF, Lehmann L, Ulrich C, Stockum E, Enzi B, Hoffmann T, Tempelmann C, Beutel M, Frommer J, Northoff G.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23966922
I pazienti con disturbi somatoformi mostrano una varietà di disturbi emotivi, tra cui il ridotto riconoscimento delle emozioni e una maggiore sofferenza empatica.
In un articolo precedente, il nostro gruppo ha dimostrato che diverse regioni del cervello coinvolte nella elaborazione emotiva, come ad esempio il giro para ippocampale e altre regioni, sono state meno attivate in fase di pre-trattamento in pazienti con disturbi somatoformi (rispetto ai gruppi di controllo con soggetti sani) durante un compito di empatia.
Dal momento che il giro paraippocampale è coinvolto nella memoria emotiva, la sua attivazione è diminuita e questo potrebbe riflettere la repressione delle memorie emozionali (che, secondo i concetti psicoanalitici, gioca un ruolo importante nel disturbo somatoforme). La psicoterapia psicodinamica mira ad aumentare la comprensione dei conflitti emotivi e a far scoprire le emozioni represse.
Eravamo interessati a verificare se l'attività cerebrale del giro paraippocampale si normalizzava dopo la psicoterapia psicodinamica multimodale. I soggetti sono stati sottoposti a scansione utilizzando la fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging, risonanza magnetica funzionale), mentre condividevano degli stimoli rappresentati da facce che esprimevano emozioni come rabbia, disgusto, gioia e un'espressione neutra; uno stimolo distorto con contenuto irriconoscibile è servito come condizione di controllo.
I 15 pazienti con disturbi somatoformi sono stati sottoposti a scansione per due volte, prima e dopo la psicoterapia psicodinamica multimodale; in aggiunta, sono stati studiati nel gruppo di controllo15 soggetti sani di pari età.
Gli effetti della psicoterapia sulle risposte emodinamiche sono stati analizzati con due approcci: (1) una regione di interesse e (2) un voxelwise dell'intera analisi cerebrale. Entrambe le analisi hanno rivelato un aumento delle risposte emodinamiche nel giro paraippocampale destro e sinistro (e di altre regioni) dopo la psicoterapia multimodale nel contrasto "empatia con rabbia" - "controllo".
I nostri risultati sono in linea con i concetti psicoanalitici circa disturbo somatoforme. Essi suggeriscono che il giro paraippocampale è coinvolto in modo cruciale nei meccanismi neurobiologici che sottostanno i deficit emotivi dei pazienti con disturbi somatoformi.

Brunetta Del Po


Bibliografia
Anna Barracco Neuroimaging e soggettività
Edoardo Brutti Validità scientifica
L.Janiri,R.Guglielmo,A.Bruschi Psicoterapia e neuroscienze un’integrazione possibile
Marco Pagani - Anatomo-fisiopatologia dell'efficacia clinica - Seminario
Leonardo Roberti Neuropsicoterapia